Giò Pomodoro

Orciano di Pesaro, 1930 - Milano, 2002

Giò Pomodoro, diplomato come geometra, lavora presso una bottega orafa di Pesaro. Negli anni Cinquanta inizia a esporre alcune opere a Firenze ed alla galleria Montenapoleone di Milano, alla galleria del Cavallino di Venezia ed a Roma presso la galleria Obelisco. Sul finire degli anni Cinquanta si stacca dagli artisti appartenenti al gruppo "Continuità", avviando una ricerca scultorea che parte dalla geometria del vuoto.
Da questo momento realizza una serie di sculture nelle quali mette in evidenza gli spazi vuoti attraverso il naturale irrompere della luce del sole (soggetto prediletto da Giò Pomodoro). Nel 1956 partecipa alla Biennale di Venezia, presentando gli Argenti fusi su osso di seppia. Nel 1959 è presente a Documenta di Kassel, presentando l’opera "Fluidità". Nello stesso anno vince il premio per la scultura alla Biennale di Parigi con "Superfici in tensione".
Negli anni Settanta si rivolge alle opere monumentali tra cui "Ponte dei Martiri" (omaggio alla Resistenza a Ravenna) e "Piano d'Uso Collettivo" (dedicato ad Antonio Gramsci presso Ales in Sardegna). Nel 1978 realizza le scenografie dell’opera La forza del destino di Giuseppe Verdi.