Jean Fautrier

Parigi, 1898 - Chatenay-Malabry, 1964

Jean Fautrier è un atista di primo piano dell’arte europea del dopoguerra. Dal 1942 compare sula scena artistica come il padre dell’informale, concepito da Fautrier come pittura materica in grado di scandagliare nei recessi dell’animo umano. Insieme a Burri, Tàpies e Dubuffet risulta il principale interprete della forma inconscia.
La cifra di Jean Fautrier è corrosiva e carica di strati di colore. Nella sua pittura non si trovano figure, linee geometriche riconducibili alla forma sensibile, piuttosto mostra ciò che non si vede ma che l’essere umano percepisce dentro di sé, alternando le emozioni. Durante gli anni dell’occupazione tedesca in Francia, l’autore rappresenta tutti gli orrori e le tragedie della guerra mediante la materia. Questo pezzo di storia lo terrorizza, suscitando in lui un forte sentimento di sfiducia verso l’uomo e, soprattutto, verso l'incapacità di controllare gli istinti più irrazionali. Proprio attraverso l’informale Jean Fautrier da forma all’irrazionalità umana.
Per quanto possa risultare sgradevole la sua cifra stilistica, l’autore imbocca una strada nuova che porta alla verità psichica. Brutale, carnosa, deforme, questa è la traiettoria che traccia per identificare l’emblema della sofferenza umana.
Si ricorda il ciclo pittorico degli Otàges (Ostaggi), metafora dell’esistenza umana sospesa e indifesa, succube dei suoi sequestratori.